Poesia.
E’ quello che salta subito all’occhio aprendo per la prima volta questo romanzo.
Una prosa che lascia spesso il posto a frasi brevi, tanti punto e a capo, tanto bianco.
Poetico è l’andamento delle frasi, il dispiegarsi dei periodi.
Poetico è il ritmo, se solo si riesce a trovare un angolino silenzioso dentro la propria testa dove poterselo leggere a voce alta.
Poetiche sono le immagini che vengono evocate, la natura selvaggia del Canada con la sua potenza, un coyote per compagno di viaggio, la polvere che si attacca a tutto, gli animali di cartapesta che giorno dopo giorno riempiono il prato dell’anziano marito che aspetta la moglie, i dolci cucinati seguendo le ricette di chi si ama, la polvere di fiori di lino da spalmare sulle palpebre per poter finalmente dormire.
Leggendo assistiamo a un’alternanza costante e quasi confusa tra il presente e i ricordi del passato, perché è così che li vive Etta, in bilico precario tra i due mondi, nella pelle dei suoi ottantatré anni, pesanti eppur leggerissimi.
Etta, che non ha mai visto il mare, una mattina, all’alba, decide di andarci. A piedi.
Lascia una lettera, con cui si apre il racconto, al marito Otto, che le dorme accanto.
E gli lascia anche “una pila di schede di ricette. Tutto quello che cucinava di solito (…) Così lui avrebbe saputo che cosa e come mangiare mentre lei era via”.
Otto vorrebbe seguirla ma rispetta la sua decisione e la lascia andare. Russel no, decide di seguirla.
Russel che è stato come un fratello per Otto ed è da sempre un amico per Etta, anche se ha sempre desiderato essere qualcosa di più.
E mentre Etta cammina e cammina e cammina, e Otto la aspetta e costruisce animali di cartapesta,
mentre Russel cerca di raggiungerla e poi parte finalmente per la sua strada, i ricordi del loro passato comune vengono a visitarli e ci raccontano di un mondo lontano che non c’è più, di fattorie e di quattordici fratelli, di povertà e ignoranza, di una nuova maestra e della guerra che chiama a sé tutti i giovani, di navi per andare e treni per tornare, di attese, di balli, di baci rubati e di amori travolgenti, che non esiste più nient’altro, solo io e te.
E’ una poetica dei dettagli quella della Hooper.
E’ un amore per le cose di tutti i giorni, per gli oggetti quotidiani, per quello che arrivano a significare per tutti noi, che tanto mi ha ricordato la Szymborska e che io amo molto.
Ed è un libro pieno di meravigliose lettere d’amore, tutte quelle che Etta e Otto si sono scambiati durante la loro lunga vita insieme.
“Caro Otto,
abbiamo tutti paura, la maggior parte delle volte. La vita non sarebbe vita se non l’avessimo. Avere paura, e poi buttarcisi dentro a capofitto in quella paura. All’infinito. Ricordati solo di tenerti forte, quando lo fai.”
Con affetto,
Etta”
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Raffaella
La casa vicino al treno
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