Così come si susseguono le stagioni, senza clamore né grosse sorprese, e dolcemente una sfuma nell’altra e non sapresti dire quando una finisce e l’altra comincia, allo stesso modo le pagine di questo gradevole romanzo scorrono senza che grossi avvenimenti scuotano la vita del protagonista, il capo giardiniere Herbert Pinnegar, e – di conseguenza – quella di noi lettori.
Herbert Pinnegar, abbandonato in fasce davanti alla casa del bovaro, bambino fragile e svantaggiato per una gamba più corta dell’altra, diventerà, grazie alla tenacia e agli incontri giusti – fondamentale quello con la sua maestra che lo inizia all’amore per le piante selvatiche -, capo giardiniere della villa della signora Charteris e giudice nelle competizioni floreali della Contea, raggiungendo livelli impensabili per una persona della sua condizione, nella prima metà dell’Ottocento.
Sarà rispettato da tutti il Vecchio Gramigna, che in ottant’anni di vita sentirà gli echi della Storia vivendo sempre però al riparo del “suo” giardino.
Niente fronzoli, niente inutili sentimentalismi ad addolcire la vita solitaria di questo giardiniere che per alcuni versi mi ha ricordato Quel che resta del giorno.
Solo la storia di una passione- per le piante e i fiori – lunga una vita, una passione che dà senso e spiega una vita e – attraverso le sue massime – ha molta da insegnare anche a noi sul perseguire con impegno e onestà ciascuno il proprio talento.
Un giardino possiede qualcosa di indefinibile che tira fuori una vena di accanita possessività perfino nelle persone più equilibrate. Per darci veramente soddisfazione, i successi devono essere esclusivamente farina del nostro sacco, e guardiamo con diffidenza e scetticismo le novità apportate da altri (…) Noi giardinieri non dovremmo essere biasimati per un tale atteggiamento difensivo, perché esso nasce dall’amore per il nostro lavoro, senza il quale il giardinaggio sarebbe un’impresa così faticosa, frustrante ed esasperante che in breve tempo i giardini scomparirebbero tutti. Come in altre attività davvero creative, non è una questione di denaro, bensì di mente e di cuore; e se non possiamo essere arcisicuri che il merito è indiscutibilmente tutto e soltanto nostro, ci sentiamo come dei cantanti che ricevono l’applauso per una canzone cantata da un altro.
Pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1950, è stato ripubblicato negli USA nel 2003 e finalmente in Italia nel 2011. Se ti incuriosisce, puoi trovarlo QUI.
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Raffaella
Non conoscevo questo libro. Sembra molto delicato, piacevole da leggere come una serata al fresco in un bel giardino! Molto belle anche le creazioni e la stoffa che hai abbinato!
Grazie Letizia, mi piace molto la metafora che hai usato, mi sembra di esserci, in quel giardino!