Passeggiate nel bosco, preoccupazioni e due compleanni

Il secondo mese trascorso nella Casa nel bosco ci ha messo alla prova forse più del primo. Credevamo ormai di poter stare tranquilli.

Invece novembre è stato un mese impegnativo. Innanzitutto è arrivato il freddo e le prime giornate uggiose e piovose.

Ho continuato ad andare in giardino, ogni giorno in cui era possibile. Di solito nel pomeriggio, con una tazza fumante di tisana in mano, per farmi abbracciare dai raggi del sole che riuscivano a farsi strada tra le fronde degli alberi del bosco, davanti a casa.

E’ stato il mese in cui ho lavorato con più impegno e determinazione al mio progetto sulla Gratitudine ( ne parlo QUI) cambiando piani, correggendo il tiro, aggiustando l’idea che avevo da maggio scorso, quando ancora non sapevo se sarei mai riuscita a realizzarla ( e a trasferirmi).

Intanto la Lombardia è diventata zona rossa, anche mia figlia è rimasta a casa da scuola e io ho dovuto rinunciare all’idea di prendere un nuovo pc ( lo abbiamo preso nuovo in primavera, quello vecchio non ha retto i ritmi del primo lock down), e ho dovuto reimpostare il mio modo di lavorare – e scrivere – imparando a farlo nel pomeriggio ( e di sera), dedicando le mattinate alla gestione della nuova casa.

Sono riuscita però a ritagliarmi un’ora al giorno, dopo le 15,30, per stare in giardino, raccogliere le foglie secche che – tantissime! – sono cadute sul sentiero che porta alla parte alta del giardino. E io che ero convinta non ci fossero foglie, in un giardino pieno di pini e abeti!        Mi sono dovuta ricredere. Ho potato la siepe, anche, e tagliato un bel po’ di edera, che stava crescendo dappertutto. Mi è venuta poi l’idea di eliminare quella che si stava arrampicando su alcuni sempreverdi, perché mi avevano detto che li avrebbe potuti soffocare. L’ho fatto, con una certa soddisfazione, finché non ho sbattuto la testa forte contro un ramo di pino: un dolore che mi ha fatto riflettere sulla reale utilità di quello che stavo facendo. Che il pino volesse dirmi di lasciarlo stare?

Mi sono allora informata meglio e ho scoperto che non sempre è un male che l’edera si arrampichi lungo il tronco di un grande albero; dipende dalla situazione. Un’altra lezione che il giardino mi ha impartito. E comunque quella sul pino dove ho sbattuto l’ho lasciata dov’era.

Nel frattempo, una persona che è stata a stretto contatto con mio marito, a lungo, si è ammalata. Per fortuna è guarita in fretta ma ha aspettato ben quindici giorni prima di fare il tampone – e lo ha fatto su insistenza di mio marito – E poi risultata positiva.

La cosa che mi ha fatto più male è stata toccare con mano, da vicino, l’ignoranza, la superficialità e l’egoismo; fosse stato per quella persona, sarebbe tornata al lavoro SENZA fare il  tampone e SENZA preoccuparsi di chi gli stava accanto.

Quando abbiamo scoperto la sua positività mio marito si è isolato e il giorno dopo è corso a fare il tampone: negativo. Ci è andata bene, ma è stato un caso. Certamente dopo quindici giorni in cui non abbiamo avuto sintomi avremmo potuto stare tranquilli ma purtroppo in questo momento non abbiamo alcuna certezza e pertanto sono convinta che l’unica possibilità sia quella di stare il più attenti possibile, per sé ma soprattutto per chi ci sta accanto ( o chi potrebbe venire in contatto con noi). Io, pur stando bene, appena ho saputo, per precauzione ho posticipato un appuntamento dal dentista, che avevo preso due mesi fa.

Nel paesino da cui proviene mio marito, intanto, un paese di cinquecento abitanti, è scoppiato un focolaio. Si sono ammalate diverse persone, e purtroppo due non ce l’hanno fatta. Uno era il papà di un nostro caro amico. Che dispiacere immenso.

Tra queste preoccupazioni e dolori passavano i giorni e in questo mese la Casa nel bosco, nonostante tutte le difficoltà, è cambiata molto. Ci hanno montato finalmente il camino e la sala ha cambiato aspetto: che gioia la prima domenica in cui abbiamo mangiato col fuoco acceso! E che pace, che sensazione di benessere leggere davanti al camino!

Il nostro falegname ci ha montato poi i mobili dei bagni e dopo un mese e mezzo abbiamo potuto usare quello a piano terra, accanto alla cucina. L’imbianchino è venuto a dare gli ultimi ritocchi. Sono poi arrivati alcuni ordini online: quello di Ikea, con i lampadari dei ragazzi, la cassettiera/comodino di Pietro, i nostri comodini e altre cose che non ricordavo di avere ordinato ( era passato più di un mese e mezzo)  e poi, da un altro sito, il tavolo da pranzo in pino per la sala con due sedie nere ( le altre le devo ancora ordinare) e un mobile da merceria che ho voluto mettere nella nostra camera da letto e che all’inizio non piaceva a nessuno, essendo di legno abbastanza scuro in una camera con gli altri mobili tutti bianchi.  Ma io adoro arredare tutto abbinato e poi aggiungere un dettaglio che scompiglia il resto, e questo mobile da merceria è proprio stupendo! Non c’entra niente ma lo guardo sempre, e poi profuma di buono.

Questo è stato il mese del mio compleanno e di quello di mia figlia Bianca; compleanni un po’ sottotono, festeggiati la sera a cena con un pensiero e una torta, ma ce li siamo fatti andare bene lo stesso.

Novembre è stato il mese delle passeggiate nel bosco: ad ottobre non ero riuscita a trovare il tempo, invece ora, impossibilitati ad andare altrove, abbiamo cominciato ad uscire passando per un cancelletto posto in alto, in fondo al giardino. E’ solo un passaggio pedonale ma durante il rogito la precedente proprietaria aveva tanto insistito per farci sapere che c’era e che avevamo il diritto di usarlo. Lì per lì non ci avevo riflettuto ma ora, in questo mese e in quest’anno, si è rivelato un regalo prezioso. Da quel cancelletto – che non è neanche un cancelletto perché per ora è senza serratura e si chiude con una catena e un lucchetto –  si passa davanti ad una casa e poi si prende subito un sentiero che porta fino al lago, attraversando stretti passaggi, muretti di pietra e sentieri a strapiombo sulla strada sottostante.

Fino al lago non sono ancora arrivata; per ora conquisto il mio sentiero un pezzo alla volta, una salita alla volta. A novembre ho camminato sopra ad un tappeto di foglie secche, scrocchianti sotto ai piedi, a volte umide, altre fradice di pioggia gelida. Ci sono stata con i miei ragazzi e con mio marito. Ma più spesso da sola; quando i pensieri si attorcigliavano su se stessi, quando ho avuto paura, quando c’era qualcuno in casa a lavorare e non volevo stargli troppo vicino. Il bosco è diventato il mio rifugio e la mia casa.  La mia seconda casa.