Una nave mercantile del 1634 carica di spezie, trecento persone da trasportare da Batavia, nelle Indie Orientali, fino ad Amsterdam. Tra loro dignitari, nobili e membri dell’equipaggio: dall’elegante capitano Crauwel al nostromo Wyck, fino all’ultimo dei mozzi.
Sulla Saardam viaggiano anche il celebre investigatore Samuel Pipps, in catene perché accusato di alto tradimento e il tenente Arent Hayes, sua guardia del corpo.
Al momento della partenza, oltre ai noti timori della lunga traversata per mari quasi del tutto sconosciuti, dei pirati e delle malattie che ad ogni traversata uccidevano metà dell’equipaggio, si aggiunge il terrore per un misterioso simbolo che appare sulla vela. Un occhio con una coda.
Questi gli ingredienti del nuovo thriller di Stuart Turton, lo scrittore inglese che è stato acclamato per il suo esordio narrativo con “Le sette morti di Evelyn Hardcastle”. Dico subito che il romanzo mi è piaciuto molto, dopo però aver superato lo scoglio del primo terzo del libro. L’attacco infatti mi è sembrato un po’ lento e ho fatto fatica a entrare nella storia, a imparare a conoscere le diverse zone della nave dove si svolge la vicenda ( c’è per questo una bellissima piantina che ho consultato continuamente) e soprattutto a ricordarmi i nomi dei personaggi.
Questi ultimi sono stati il vero problema per me. I personaggi hanno nomi olandesi antichi – credo – che non ricordano nulla di ciò che conosciamo; non sono inglesi, non sono tradotti. Sono davvero complicati – anche qui viene in nostro soccorso uno schema dei passeggeri – e sono dovuta arrivare fin quasi a metà libro prima di smettere di consultarlo. Una volta superato questo ostacolo, però, il romanzo fila via liscio come una traversata senza onde e col bel tempo in un susseguirsi di rivelazioni e scoperte, fino al suo sorprendente finale.
Con Pipps rinchiuso in una cella a prua, toccherà al suo assistente Arent indagare sul diabolico marchio che appare nei punti più impensati della nave, seguito dalla misteriosa apparizione notturna di un’ottava lanterna – la Saardam viaggia in una flotta di sette navi – e dalle incursioni di un lebbroso, che sembrerebbe lo stesso che si è dato fuoco al porto di Batavia, prima che la nave salpasse.
Arent viene aiutato nelle indagini da Sara Wessel, l’infelice e sottomessa moglie del governatore generale Jan Haan, che ha fretta di raggiungere Amsterdam per potersi unire ai diciassette del Consiglio direttivo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali.
Ho amato molto viaggiare su un veliero del 1600, in balia di un mare capriccioso e delle sua tempeste, con marinai rissosi sempre pronti a usare il coltello, con le sue cene di gala e il contrasto con il ponte inferiore dove trascorrono gli otto mesi di traversata i passeggeri meno facoltosi, stipati gli uni accanto agli altri, su amache sospese o per terra.
La scrittura di Turton è scorrevole, piacevole, non si fa notare, non vuole essere protagonista; si mette al servizio della storia e dei personaggi e – secondo me – ci riesce benissimo.
Attenzione però a ricercare precise ricostruzioni storiche. come ci dice lo stesso Turton nella spassosa postfazione, intitolata “Scuse nei confronti della storia. E delle barche.”, lui – dopo aver svolto lunghe ricerche – ha deciso di tenere solo quei dettagli funzionali alla storia che voleva raccontare e ha buttato via tutto il resto. Ci son pertanto imprecisioni e licenze letterarie sulle lingua, i costumi e la tecnologia in uso nel 1600 e persino sul modo di pilotare un Indiaman.
Di questo strepitoso romanzo, che puoi trovare QUI, esiste anche un gioco da tavolo, a metà tra il gioco di carte e quello di ruolo, distribuito da Giochi Uniti.
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