Mi ha colpito molto l’esordio letterario di Catherine Banner: una saga familiare così profondamente radicata nella terra di cui racconta, l’isola siciliana di Castellamare, scritto però da una scrittrice inglese, seppur trasferitasi in Italia, a Torino.                                                          Trovo meraviglioso e molto significativo il titolo originale del romanzo: The House at the Edge of the Night, La Casa ai margini della Notte, che è il nome con cui viene chiamato il bar che Amedeo Esposito, giunto dalla lontana Firenze per diventare il nuovo medico condotto, dopo diverse e intricate vicende che lo costringeranno ad abbandonare “ufficialmente” la sua professione, prende in gestione con la moglie Pina.

La casa ai margini della Notte                                                                                                                                                                                                 La Casa ai margini della Notte è essa stessa un personaggio, un personaggio centrale e sempre presente, teatro dell’avvicendarsi della Storia e delle diverse generazioni degli Esposito.

Il primo è stato Amedeo. Abbandonato in fasce, in una fredda notte di gennaio del 1875, nel brefotrofio di Firenze, cresce grazie all’affetto di una balia che è anche la prima a fargli amare i racconti popolari e le storie tramandate a voce da una generazione all’altra. Questa sua passione lo porterà ad annotare, durante tutta la sua esistenza, le storie di cui verrà a conoscenza, su di un taccuino.                                              Anche il medico dell’istituto, intenerito dalla fame di storie di Amedeo, pari solo al suo bisogno d’amore, comincia a raccontargli tutte le storie che conosce e tra i due si instaura un rapporto di affetto ed amicizia grazie al quale Amedeo andrà  a vivere con lui e potrà studiare per diventare medico.

Amedeo, diventato Esposito perché adottato dal dottore, sarà un medico condotto e girerà a piedi per piccoli paesi toscani sostituendo medici defunti o ammalati. E intanto continua a raccogliere storie.

(…) la vita di Amedeo restava limitata e senza radici, come se non fosse mai cominciata. Era diventato un uomo imponente, con un unico, folto sopracciglio che gli attraversava la fronte; non sentiva il bisogno di giustificare la sua altezza, ma la sua mole, unita alle sue oscure origini lo facevano sentire fuori posto, uno straniero, ovunque andasse.

Finalmente, nel 1914, trova un impiego stabile, sull’isola di Castellamare, a sudest della Sicilia. E così Amedeo si imbarca, alla soglia dei quarant’anni, a Napoli verso Siracusa, dove vede la “sua” isola per la prima volta.                                                                                                              E a bordo del “Misericordia”, una piccola barca di pescatori, va incontro al suo destino e viene anche a conoscenza delle prime storie che riguardano l’isola, luogo segnato dalla cattiva sorte, afflitto dalla maledizione di un pianto eterno.

In questo romanzo le vicende dei protagonisti si intrecciano continuamente con le storie e le leggende dell’isola, storie millenarie tramandate oralmente da padre in figlio e annotate puntualmente da Amedeo.

Ora che si trovava sulla sommità dell’isola, travolto in pieno dalla forza del vento, vide che Castellamare da vicino non era per nulla diversa da come appariva in lontananza, uno scoglio in mezzo alla nera vastità del mare. (…) La città stessa possedeva la cieca immobilità di un luogo poco abituato ai visitatori.

Quella sera stessa conosce anche Pina, la moglie del maestro, quella che – dopo la guerra – diventerà sua moglie e con la quale avvererà il sogno di creare una famiglia tutta sua.

Le vicende di questa atipica famiglia e della Casa ai margini della Notte saranno strettamente intrecciate a quelle della grande Storia: la prima guerra mondiale, la nascita dei figli, lo scandalo sull’isola, l’abbandono della professione medica, la gestione del bar.                                  La nascita di Maria Grazia, la figlia amatissima e fragile, il secondo conflitto mondiale, con tutto il suo carico di perdite e dolore, uno straniero venuto dal mare, una storia d’amore eterna.

C’è tutto ciò e molto altro in questo profondo e intenso romanzo; intenso come il forte aroma di timo e basilico che impregna l’aria dell’isola e profondo come le sua acque scure. C’è la vita, c’è la natura ancora selvaggia, c’è il profumo di tempi che non ci sono più , c’è il progresso che fa capolino pian piano sull’isola.

Non posso, per la lunghezza e la complessità del romanzo, raccontare qui di più; credo di aver detto l’essenziale e cioè che è un romanzo davvero notevole, degno di essere letto ( e riletto).

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