” La Bandita. Da allora, di famiglia in famiglia, la tenuta è scivolata sui rami della storia come una foglia autunnale. E’ questa una verità che s’impara meglio con gli anni: che le cose, come gli uomini, finiscono sempre con l’essere trasportate dal caso. Non ci sono nata, non mi ci hanno portata. La vita avrebbe potuto condurmi altrove. E invece è qui che mi sono fermata.”
La contessa e i suoi amori
Il primo amore che si incontra leggendo questo romanzo è l’amore per la terra. La protagonista, di cui non sapremo mai il nome, che racconta in prima persona tutta la sua storia, scappa da Torino e da dieci anni di infelice e crudele vita matrimoniale e si rifugia alla Bandita, tenuta toscana vicino a Siena, vinta a carte dal padre, un nobile decaduto. Era l’eredità di suo fratello Enrico che decide però di donare a lei.
“Bè, è me che sta guardando, non un panorama. Sono queste colline, la casa e la torre, il pozzo e gli olivi. Io sono la vigna e il vino in botte che c’è in cantina.”
Il secondo amore che si incontra leggendo questo romanzo è l’amore per il vino. Il lavoro minuzioso e appassionato di anni e una grandissima pazienza hanno portato La Bandita a produrre vini premiati e richiesti dai migliori ristoranti d’Europa e degli Stati Uniti: il Lunediante e il Rossovermiglio. Ambiti dai collezionisti e osannati dai critici, questi vini racchiudono in sé la storia preziosa della loro nascita.
Il terzo amore che si incontra è un amore totalizzante e passionale, un amore che come un uragano distrugge tutto al suo passaggio e poi, nulla può più essere come prima. La prima volta che vede Trott è seduta a tavola al ricevimento della baronessa di Lunden, in rue Cambon a Parigi, durante il suo viaggio di nozze. E’ una folgorazione improvvisa.
“Sono immobile, ma dentro mi sento cadere. Precipito nel vuoto. Non vedo né sento più altro.”
Si perdono di vista per qualche anno, per poi rincontrarsi ad un altro ricevimento:
” Ecco, al suono della sua voce mi sveglio dal mio sonno e realizzo (…) che sono viva e desta e in pieno possesso di me solo in presenza di Trott.”
Ma sarà solo dopo il terzo incontro che diventeranno amanti. Per poi perdersi nuovamente per tutti gli anni della seconda guerra mondiale. Mi devo fermare qui, nel racconto di questo amore immenso e dolcissimo, per non togliere il gusto della scoperta e non affievolire le emozioni intense che tale scoperta provoca.
L’ultimo amore non lo racconto. Lo scoprirà chi giungerà fino alla fine del libro. Come lo ha scoperto la protagonista alla fine della sua vita. E’ un amore forte e tenace, più forte degli anni che passano, dei rivolgimenti della Storia, delle ripicche, dei rancori, dei caratteri burrascosi. E’ un amore che è sempre stato lì, nascosto dietro all’orgoglio, alle convenzioni, alla timidezza e alla paura.
E in mezzo scorre la Storia
Le vicende narrate in questo romanzo si snodano dai primi del ‘900, durante l’infanzia della contessa, fino al 1928, giorno in cui, giovanissima, si sposa a Torino con il conte Villaforesta. Proseguono poi negli anni ’30, durante la seconda guerra mondiale per arrivare al 1946, anno che si rivelerà fondamentale sia per la vita della Repubblica Italiana che per quella della protagonista. Dopo quell’anno cruciale, tutto cambierà. Gli anni passeranno uno dopo l’altro, inesorabili, accumulandosi come foglie secche in un angolo del giardino.
Avevo letto questo romanzo anni fa, tutto d’un fiato e di corsa. Mi era piaciuto ma non mi ero data il tempo necessario per apprezzarlo in pieno. L’ho riletto durante la scorsa caldissima estate, assaporandolo pian piano. E me ne sono innamorata. La scrittura della Cibrario è una prosa che definirei poetica: ogni parola è stata scelta con cura e messa là dove doveva stare, là e non altrove. Ne è scaturito un romanzo musicale, una sinfonia che si legge sì ma che si sente anche, che ci risuona dentro, smuovendoci nel profondo.
Se hai voglia di intraprendere anche tu questa passeggiata attraverso la Storia a braccetto della contessa, puoi trovare questo splendido romanzo QUI.
Raffaella
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